lunes, 19 de diciembre de 2011
Cerca de la Navidad!
Ya se acerca la Navidad! que rapido paso el año! que rapido pasa el tiempo........tanto para reflexionar, pensar, decir............y tan poco que uno hace no? Hay que preparar la nueva hoja, armar el listado de lo que uno pudo hacer y de lo que uno quiere para este proximo año, y hacerlo grande y claro. Cosa de ir tachando todos los dias algo nuevo.......................Vamos a preparnos para estas Fiestas!!!!!!!!!!!
viernes, 26 de febrero de 2010
martes, 22 de septiembre de 2009
ITALIA, disoccupazione al 7,4% Occupati mai così giù da 15 anni
Gli inattivi aumentano di 434.000 unità, concentrate nelle Regioni meridionali
Il calo determinato dalla riduzione dei contratti a termine e di collaborazione
Istat, disoccupazione al 7,4%
Occupati mai così giù da 15 anni
Istat, disoccupazione al 7,4% Occupati mai così giù da 15 anni
ROMA - In Italia il tasso di disoccupazione nel secondo trimestre è pari al 7,4%, in crescita rispetto al 6,7% dello stesso periodo del 2008. Si tratta del dato più alto dai primi tre mesi del 2006. Lo comunica l'Istat. Sul dato ha influito soprattutto l'incremento degli inattivi ( 434mila unità), concentrato nelle regioni meridionali e dovuto a fenomeni di scoraggiamento: mancata ricerca del lavoro di molte donne per motivi familiari, ritardato ingresso dei giovani nel mercato del lavoro.
Calo tendenziale peggiore dal '94. In termini assoluti il numero degli occupati è calato di 378mila unità, in flessione dell'1,6% rispetto allo stesso periodo del 2008 (-0,3% rispetto al primo trimestre 2009). Il dato tendenziale, spiega l'Istat, è il peggiore dal secondo trimestre del 1994. Il risultato sintetizza il protrarsi della caduta dell'occupazione autonoma delle piccole imprese, l'accentuarsi del calo dei dipendenti a termine e la nuova riduzione del numero dei collaboratori.
Aumento dell'8,1% di chi cerca lavoro. Il tasso di occupazione, pari al 57,9%, è il più basso degli ultimi quattro anni. Il numero delle persone in cerca di occupazione sale invece a 1.841.000 unità (+137.000, pari all'8,1%, rispetto al secondo trimestre 2008).
Aumentano gli occupati stranieri. L'Istat segnala anche che la caduta dell'occupazione è dovuta in gran parte al calo della componente italiana (-399 mila occupati maschi e -163 mila occupate donne) mentre prosegue la crescita dell'occupazione degli stranieri (89 mila uomini e 95 mila donne).
Gli occupati per Regione. A livello territoriale, si registra un nuovo restringimento della base occupazionale nel Nord, con l'eccezione delle province autonome di Trento e Bolzano e dell'Emilia Romagna, dove il numero degli occupati aumenta per il contributo fornito dagli occupati italiani con almeno 50 anni di età e dagli stranieri.
Nel Mezzogiorno il calo dell'occupazione si manifesta in misura accentuata. Nel Centro si segnala un marginale aumento degli occupati (0,2%, pari a 10.000 unità) dovuto sia alla maggiore crescita tendenziale degli occupati stranieri in questa ripartizione in confronto alle restanti (17,7% rispetto al 7,9 e all'8,7% rispettivamente del Nord e del Mezzogiorno) sia alla relativa più lunga permanenza sul posto di lavoro degli occupati italiani con almeno 50 anni di età.
E per settore. L'agricoltura registra una modesta contrazione del numero di occupati (-0,7% pari a -6.000 unità), concentrata nelle regioni meridionali. La notevole riduzione tendenziale dell'occupazione nell'industria in senso stretto (-3,9% pari a -197.000 unità) riguarda sia i dipendenti sia gli autonomi nell'insieme del territorio nazionale.
Le costruzioni tornano a segnare un calo degli occupati (-2,1% pari a -41.000 unità), soprattutto dipendenti del Nord-est e del Mezzogiorno. Già in discesa nel precedente trimestre, il terziario segnala una nuova riduzione tendenziale dell'occupazione (-0,9% pari a -134.000 unità) a sintesi del protrarsi del calo degli autonomi e dell'interruzione del processo di crescita dei dipendenti; entrambi i fenomeni si verificano in misura significativa nel Mezzogiorno.
Il calo determinato dalla riduzione dei contratti a termine e di collaborazione
Istat, disoccupazione al 7,4%
Occupati mai così giù da 15 anni
Istat, disoccupazione al 7,4% Occupati mai così giù da 15 anni
ROMA - In Italia il tasso di disoccupazione nel secondo trimestre è pari al 7,4%, in crescita rispetto al 6,7% dello stesso periodo del 2008. Si tratta del dato più alto dai primi tre mesi del 2006. Lo comunica l'Istat. Sul dato ha influito soprattutto l'incremento degli inattivi ( 434mila unità), concentrato nelle regioni meridionali e dovuto a fenomeni di scoraggiamento: mancata ricerca del lavoro di molte donne per motivi familiari, ritardato ingresso dei giovani nel mercato del lavoro.
Calo tendenziale peggiore dal '94. In termini assoluti il numero degli occupati è calato di 378mila unità, in flessione dell'1,6% rispetto allo stesso periodo del 2008 (-0,3% rispetto al primo trimestre 2009). Il dato tendenziale, spiega l'Istat, è il peggiore dal secondo trimestre del 1994. Il risultato sintetizza il protrarsi della caduta dell'occupazione autonoma delle piccole imprese, l'accentuarsi del calo dei dipendenti a termine e la nuova riduzione del numero dei collaboratori.
Aumento dell'8,1% di chi cerca lavoro. Il tasso di occupazione, pari al 57,9%, è il più basso degli ultimi quattro anni. Il numero delle persone in cerca di occupazione sale invece a 1.841.000 unità (+137.000, pari all'8,1%, rispetto al secondo trimestre 2008).
Aumentano gli occupati stranieri. L'Istat segnala anche che la caduta dell'occupazione è dovuta in gran parte al calo della componente italiana (-399 mila occupati maschi e -163 mila occupate donne) mentre prosegue la crescita dell'occupazione degli stranieri (89 mila uomini e 95 mila donne).
Gli occupati per Regione. A livello territoriale, si registra un nuovo restringimento della base occupazionale nel Nord, con l'eccezione delle province autonome di Trento e Bolzano e dell'Emilia Romagna, dove il numero degli occupati aumenta per il contributo fornito dagli occupati italiani con almeno 50 anni di età e dagli stranieri.
Nel Mezzogiorno il calo dell'occupazione si manifesta in misura accentuata. Nel Centro si segnala un marginale aumento degli occupati (0,2%, pari a 10.000 unità) dovuto sia alla maggiore crescita tendenziale degli occupati stranieri in questa ripartizione in confronto alle restanti (17,7% rispetto al 7,9 e all'8,7% rispettivamente del Nord e del Mezzogiorno) sia alla relativa più lunga permanenza sul posto di lavoro degli occupati italiani con almeno 50 anni di età.
E per settore. L'agricoltura registra una modesta contrazione del numero di occupati (-0,7% pari a -6.000 unità), concentrata nelle regioni meridionali. La notevole riduzione tendenziale dell'occupazione nell'industria in senso stretto (-3,9% pari a -197.000 unità) riguarda sia i dipendenti sia gli autonomi nell'insieme del territorio nazionale.
Le costruzioni tornano a segnare un calo degli occupati (-2,1% pari a -41.000 unità), soprattutto dipendenti del Nord-est e del Mezzogiorno. Già in discesa nel precedente trimestre, il terziario segnala una nuova riduzione tendenziale dell'occupazione (-0,9% pari a -134.000 unità) a sintesi del protrarsi del calo degli autonomi e dell'interruzione del processo di crescita dei dipendenti; entrambi i fenomeni si verificano in misura significativa nel Mezzogiorno.
lunes, 18 de mayo de 2009
gli stipendi italiani tra i più bassi d'Europa
ECONOMIA
La classifica delle retribuzioni dei paesi industriali, a parità di potere di acquisto
Sono i tre quarti della media Ue, più "ricchi" spagnoli e greci
Salari italiani tra i più bassi Ocse
1200 euro al mese, 23esimo posto
In Europa solo i portoghesi prendono meno. Il peso del cuneo fiscale
di MAURIZIO RICCI
ROMA - Gli italiani guadagnano poco e sono, per giunta, tartassati dal fisco. Fra i trenta paesi ricchi, riuniti nell'Ocse, le buste paga italiane sono al ventiduesimo o al ventitreesimo posto, sia che si consideri il lordo (cioè quanto pagano le aziende), sia che si consideri il netto (cioè quanto entra effettivamente in tasca al lavoratore). Nonostante il gran parlare, in Italia, di famiglia, la situazione è la stessa, forse peggiore, se si guarda ad una coppia con due figli e due stipendi. In Europa occidentale, solo i portoghesi stanno peggio. Dato che la classifica dell'Ocse, relativa al 2008, è calcolata in dollari, a parità di potere d'acquisto, i risultati raccontano non la cifra in euro, scritta sulla busta paga, ma quanto effettivamente ci si può comprare. Se ne ricava che anche greci e spagnoli sono più ricchi, in termini reali, dei lavoratori dipendenti italiani, con famiglia o no. Lo stipendio netto di un single italiano è i tre quarti della media dei 15 paesi della vecchia Ue. A parte i portoghesi, più poveri di noi sono solo i salariati dell'Est Europa, turchi e messicani. In Corea, la busta paga è fra il 50 e il 100 per cento più grassa, a seconda dei casi, della nostra.
Il "cuneo fiscale", cioè la differenza fra il costo di un lavoratore per l'azienda e quanto effettivamente incassa quel lavoratore, racconta, insomma, solo una parte della storia. Già gli stipendi lordi pagati dalle aziende, infatti, sono bassi. Un lavoratore dipendente single senza figli guadagna, mediamente, in Italia, l'equivalente, in termini di potere d'acquisto, di 30.245 dollari l'anno. Alle aziende, in Spagna, un lavoratore costa poco di più: 30.422 dollari. Un greco, parecchio di più, quasi 34 mila dollari. All'altro capo, il salario lordo di un single tedesco o inglese è oltre i 51 mila dollari. Sopra i 40 mila dollari ci sono americani, danesi, belgi e olandesi, mentre francesi e svedesi stanno intorno a 36-37 mila dollari. La situazione cambia poco, se si considerano i salariati con famiglia.
Il caso fatto dall'Ocse è quello di una famiglia con due figli, in cui un coniuge prende lo stipendio medio nazionale e l'altro i due terzi della media. Per l'Italia, significa un reddito lordo di 50.408 dollari. Ancora una volta di poco inferiore a quello spagnolo (50.704 dollari), ma drasticamente più basso della famiglia greca, che supera i 71 mila dollari. Anche qui, sono tedeschi e inglesi a guidare la classifica, seguiti da olandesi, belgi, austriaci e danesi.
Il dato che più interessa, tuttavia, è quello dello stipendio al netto di tasse e contributi. Anche perché, dato che l'Ocse ce lo fornisce a parità di potere d'acquisto, equilibrando il numero scritto sulla busta paga con il livello dei prezzi, ci dice cosa c'è davvero nel portafoglio. E le differenze si fanno più marcate.
Nel portafoglio di un single italiano entrano, in media, 21.374 dollari l'anno, grosso modo 1.200 euro per tredici mensilità. Il single spagnolo può spendere assai di più: 24.632 dollari. Quello greco 26.512 dollari, anche più del francese (26 mila). Sono coreani i single più ricchi, seguiti dagli inglesi. Al netto, i single stanno meglio negli Usa che in Germania.
La mamma e il papà italiana che, al lordo, mettevano insieme un po' più di 50 mila dollari, si ritrovano, invece, con 11 mila di meno l'anno, da spendere davvero: 39.072 dollari. Oltre 4 mila in meno della coppia spagnola, 14 mila in meno di quella greca. Una famiglia tedesca ne ha 56 mila, una francese 46 mila.
Quella americana 55 mila. Lo svantaggio con gli altri paesi sembra, in effetti, più pronunciato per le famiglie che per i single. Frutto del fatto che il cuneo fiscale (la differenza fra lordo e netto, in base a tasse e contributi sociali) lavora perversamente contro le coppie. L'Italia, dice l'Ocse, è fra i paesi in cui l'impatto di tasse e contributi sfavorisce più pesantemente le famiglie rispetto ai single.
(18 maggio 2009)
La classifica delle retribuzioni dei paesi industriali, a parità di potere di acquisto
Sono i tre quarti della media Ue, più "ricchi" spagnoli e greci
Salari italiani tra i più bassi Ocse
1200 euro al mese, 23esimo posto
In Europa solo i portoghesi prendono meno. Il peso del cuneo fiscale
di MAURIZIO RICCI
ROMA - Gli italiani guadagnano poco e sono, per giunta, tartassati dal fisco. Fra i trenta paesi ricchi, riuniti nell'Ocse, le buste paga italiane sono al ventiduesimo o al ventitreesimo posto, sia che si consideri il lordo (cioè quanto pagano le aziende), sia che si consideri il netto (cioè quanto entra effettivamente in tasca al lavoratore). Nonostante il gran parlare, in Italia, di famiglia, la situazione è la stessa, forse peggiore, se si guarda ad una coppia con due figli e due stipendi. In Europa occidentale, solo i portoghesi stanno peggio. Dato che la classifica dell'Ocse, relativa al 2008, è calcolata in dollari, a parità di potere d'acquisto, i risultati raccontano non la cifra in euro, scritta sulla busta paga, ma quanto effettivamente ci si può comprare. Se ne ricava che anche greci e spagnoli sono più ricchi, in termini reali, dei lavoratori dipendenti italiani, con famiglia o no. Lo stipendio netto di un single italiano è i tre quarti della media dei 15 paesi della vecchia Ue. A parte i portoghesi, più poveri di noi sono solo i salariati dell'Est Europa, turchi e messicani. In Corea, la busta paga è fra il 50 e il 100 per cento più grassa, a seconda dei casi, della nostra.
Il "cuneo fiscale", cioè la differenza fra il costo di un lavoratore per l'azienda e quanto effettivamente incassa quel lavoratore, racconta, insomma, solo una parte della storia. Già gli stipendi lordi pagati dalle aziende, infatti, sono bassi. Un lavoratore dipendente single senza figli guadagna, mediamente, in Italia, l'equivalente, in termini di potere d'acquisto, di 30.245 dollari l'anno. Alle aziende, in Spagna, un lavoratore costa poco di più: 30.422 dollari. Un greco, parecchio di più, quasi 34 mila dollari. All'altro capo, il salario lordo di un single tedesco o inglese è oltre i 51 mila dollari. Sopra i 40 mila dollari ci sono americani, danesi, belgi e olandesi, mentre francesi e svedesi stanno intorno a 36-37 mila dollari. La situazione cambia poco, se si considerano i salariati con famiglia.
Il caso fatto dall'Ocse è quello di una famiglia con due figli, in cui un coniuge prende lo stipendio medio nazionale e l'altro i due terzi della media. Per l'Italia, significa un reddito lordo di 50.408 dollari. Ancora una volta di poco inferiore a quello spagnolo (50.704 dollari), ma drasticamente più basso della famiglia greca, che supera i 71 mila dollari. Anche qui, sono tedeschi e inglesi a guidare la classifica, seguiti da olandesi, belgi, austriaci e danesi.
Il dato che più interessa, tuttavia, è quello dello stipendio al netto di tasse e contributi. Anche perché, dato che l'Ocse ce lo fornisce a parità di potere d'acquisto, equilibrando il numero scritto sulla busta paga con il livello dei prezzi, ci dice cosa c'è davvero nel portafoglio. E le differenze si fanno più marcate.
Nel portafoglio di un single italiano entrano, in media, 21.374 dollari l'anno, grosso modo 1.200 euro per tredici mensilità. Il single spagnolo può spendere assai di più: 24.632 dollari. Quello greco 26.512 dollari, anche più del francese (26 mila). Sono coreani i single più ricchi, seguiti dagli inglesi. Al netto, i single stanno meglio negli Usa che in Germania.
La mamma e il papà italiana che, al lordo, mettevano insieme un po' più di 50 mila dollari, si ritrovano, invece, con 11 mila di meno l'anno, da spendere davvero: 39.072 dollari. Oltre 4 mila in meno della coppia spagnola, 14 mila in meno di quella greca. Una famiglia tedesca ne ha 56 mila, una francese 46 mila.
Quella americana 55 mila. Lo svantaggio con gli altri paesi sembra, in effetti, più pronunciato per le famiglie che per i single. Frutto del fatto che il cuneo fiscale (la differenza fra lordo e netto, in base a tasse e contributi sociali) lavora perversamente contro le coppie. L'Italia, dice l'Ocse, è fra i paesi in cui l'impatto di tasse e contributi sfavorisce più pesantemente le famiglie rispetto ai single.
(18 maggio 2009)
miércoles, 22 de abril de 2009
jueves, 8 de enero de 2009
“Lo de Rico me parece una cagada” - breve entrevista a Hebe de Bonafini
Por Alejandra Dandan
Hebe se expande. Mientras la radio de las Madres parece a punto de convertirse en un fenómeno masivo con 80 repetidoras dentro del país y convenios con Radio Rebelde de Cuba, en Venezuela, Bolivia, Uruguay y Brasil, la presidenta de la Asociación de Madres de Plaza de Mayo rechaza propuestas de quienes ahora buscan llevarla a la televisión para que repita el éxito de su curso de cocina militante.
Por primera vez, este año la Asociación de las Madres descansa. Cerró las puertas durante unos días por vacaciones. Por eso la casa de la Avenida de Mayo está cerrada. O mejor dicho, casi. Hebe está adentro, siempre en busca de alguna cosa que atender. Sigue los comunicados de Gaza, organiza una marcha y piensa las rondas de los jueves, esas rondas que no dejaron de hacerse y en el balance que este mismo día hará en voz alta desde la Plaza de Mayo, con señales a favor y en contra del Gobierno.
–¿Nunca cerraron?
–Nunca, hasta ahora. Son poquitos días, pero me sirvió para hacerme un tratamiento en la pierna y tomar un poco de distancia. Igual, a la Plaza fuimos el 25 y el 1º, y fue muchísima gente.
–Los diarios esos días no salen. ¿Las Madres no tienen feriados?
–No, porque la Plaza es como una voz que se expande, todo lo que decís ahí se repite y se repite.
–Usted es una de las personas públicas reconocidas por su apoyo al Gobierno, aunque siempre dijo que lo suyo es un apoyo “crítico”. En los últimos tiempos se le escucharon más diferencias. En el caso por la muerte de Rucci, con la instalación de Wal Mart o por las jubilaciones. ¿Como viene la relación con los Kirchner?
–La relación sigue siendo buena. Desde el primer momento en que yo me reuní con ellos, Néstor Kirchner me dijo: “Vos tenés que ser como nuestra mamá, que cuando las cosas están mal nos retes, por eso no nos cae mal lo que nos digas”. Y yo lo hago porque corresponde. A nosotros nos parece que tiene que haber una oposición, pero una oposición y no una difamación.
–¿Se refiere a una oposición constructiva? ¿Lo dicen por ustedes? Pero, ¿sería desde dentro o por fuera del kirchernismo?
–No, nosotros apoyamos el proyecto que ellos tienen de gobierno, nos parece muy bien lo que están haciendo. En derechos humanos, en todas las cosas que han hecho bien. El tema de la jubilación para la mujer, los aumentos pocos o muchos han sido aumentos, Aerolíneas. Y eso lo apoyamos. Y lo de Rico me parece una cagada y hay que decirlo. Y lo de Rucci como lo dije: “Señora Presidenta, usted se olvidó de decir que fue leal con Perón pero fue un traidor con los compañeros”. Bueno, corresponde decirlo, porque ¿de qué lado estoy yo? Estoy de este lado, sigo estando en la Plaza.
–El kirchnerismo en este momento busca alianzas dentro del peronismo para sostenerse...
–Pero si el peronismo es eso. ¡Desgraciadamente es eso! La derecha y la izquierda y la más izquierda.
–¿Cómo se paran ustedes en ese esquema de alianzas?
–Nosotras no estamos apostando a hacerle propaganda al partido, ni decimos “Vote a tal”. Yo no voy a decir que voten a tal o tal otro, esa basura para nosotros no cuenta. Lo que sí nos parece es que es Kirchner o qué. ¿Qué voy a hacer? ¿Voy a votar a Menem? ¿A la Carrió? Lo mejor que tenemos hasta ahora y lo mejor que hemos tenido en este tiempo son ellos y el que no lo vea así la verdad es que es un ciego. Contemos o descontemos, vayamos pensando en todo lo que hemos vivido desde Isabel Perón a esta parte.
–Otro tema: “Cocina militante”, su propuesta de curso de cocina en la ex ESMA, fue un éxito. Hasta le ofrecieron hacer un programa de televisión. ¿Por qué dijo que no?
–Es “Cocinando política”. Tuvo mucha repercusión, pero un programa de televisión no quiero porque perdería esa cosa tan linda de comunión con la gente.
Hebe se expande. Mientras la radio de las Madres parece a punto de convertirse en un fenómeno masivo con 80 repetidoras dentro del país y convenios con Radio Rebelde de Cuba, en Venezuela, Bolivia, Uruguay y Brasil, la presidenta de la Asociación de Madres de Plaza de Mayo rechaza propuestas de quienes ahora buscan llevarla a la televisión para que repita el éxito de su curso de cocina militante.
Por primera vez, este año la Asociación de las Madres descansa. Cerró las puertas durante unos días por vacaciones. Por eso la casa de la Avenida de Mayo está cerrada. O mejor dicho, casi. Hebe está adentro, siempre en busca de alguna cosa que atender. Sigue los comunicados de Gaza, organiza una marcha y piensa las rondas de los jueves, esas rondas que no dejaron de hacerse y en el balance que este mismo día hará en voz alta desde la Plaza de Mayo, con señales a favor y en contra del Gobierno.
–¿Nunca cerraron?
–Nunca, hasta ahora. Son poquitos días, pero me sirvió para hacerme un tratamiento en la pierna y tomar un poco de distancia. Igual, a la Plaza fuimos el 25 y el 1º, y fue muchísima gente.
–Los diarios esos días no salen. ¿Las Madres no tienen feriados?
–No, porque la Plaza es como una voz que se expande, todo lo que decís ahí se repite y se repite.
–Usted es una de las personas públicas reconocidas por su apoyo al Gobierno, aunque siempre dijo que lo suyo es un apoyo “crítico”. En los últimos tiempos se le escucharon más diferencias. En el caso por la muerte de Rucci, con la instalación de Wal Mart o por las jubilaciones. ¿Como viene la relación con los Kirchner?
–La relación sigue siendo buena. Desde el primer momento en que yo me reuní con ellos, Néstor Kirchner me dijo: “Vos tenés que ser como nuestra mamá, que cuando las cosas están mal nos retes, por eso no nos cae mal lo que nos digas”. Y yo lo hago porque corresponde. A nosotros nos parece que tiene que haber una oposición, pero una oposición y no una difamación.
–¿Se refiere a una oposición constructiva? ¿Lo dicen por ustedes? Pero, ¿sería desde dentro o por fuera del kirchernismo?
–No, nosotros apoyamos el proyecto que ellos tienen de gobierno, nos parece muy bien lo que están haciendo. En derechos humanos, en todas las cosas que han hecho bien. El tema de la jubilación para la mujer, los aumentos pocos o muchos han sido aumentos, Aerolíneas. Y eso lo apoyamos. Y lo de Rico me parece una cagada y hay que decirlo. Y lo de Rucci como lo dije: “Señora Presidenta, usted se olvidó de decir que fue leal con Perón pero fue un traidor con los compañeros”. Bueno, corresponde decirlo, porque ¿de qué lado estoy yo? Estoy de este lado, sigo estando en la Plaza.
–El kirchnerismo en este momento busca alianzas dentro del peronismo para sostenerse...
–Pero si el peronismo es eso. ¡Desgraciadamente es eso! La derecha y la izquierda y la más izquierda.
–¿Cómo se paran ustedes en ese esquema de alianzas?
–Nosotras no estamos apostando a hacerle propaganda al partido, ni decimos “Vote a tal”. Yo no voy a decir que voten a tal o tal otro, esa basura para nosotros no cuenta. Lo que sí nos parece es que es Kirchner o qué. ¿Qué voy a hacer? ¿Voy a votar a Menem? ¿A la Carrió? Lo mejor que tenemos hasta ahora y lo mejor que hemos tenido en este tiempo son ellos y el que no lo vea así la verdad es que es un ciego. Contemos o descontemos, vayamos pensando en todo lo que hemos vivido desde Isabel Perón a esta parte.
–Otro tema: “Cocina militante”, su propuesta de curso de cocina en la ex ESMA, fue un éxito. Hasta le ofrecieron hacer un programa de televisión. ¿Por qué dijo que no?
–Es “Cocinando política”. Tuvo mucha repercusión, pero un programa de televisión no quiero porque perdería esa cosa tan linda de comunión con la gente.
sábado, 3 de enero de 2009
Cristina K (mal) vista desde Italia...
Si vede che anche i giornali teoricamente "seri" hanno finito pure loro le idee per scrivere articoli decenti! Che tristezza...
La "presidenta" Kirchner è in caduta nei sondaggi per le scelte in politica economica
ma i media si accaniscono sulla sua passione per il lusso: cinque abiti al giorno
Cristina 100 metri quadri di tailleur
la mania che indigna l'Argentina
di OMERO CIAI
NON le perdonano lo shopping, né l'ostentazione. Da quando è precipitata sotto il 30%nei sondaggi, lei che vinse le elezioni presidenziali con il doppio dei voti del marito Nestor, i giornali argentini l'assediano dilettando l'opinione pubblica sui tailleur, i gioielli e gli immancabili tacchi a spillo. Ogni volta che lascia Buenos Aires per un viaggio all'estero - scrivono - le serve un Airbus intero per portarsi dietro tutti i cambi d'abito e riportare a casa tutto quello che compra nei negozi di gran lusso delle capitali europee o americane.
I bene informati hanno fatto anche i calcoli. Cristina Fernandez de Kirchner, da un anno presidente d'Argentina e, prima, per quattro anni first lady, spende fra i 250mila e i 400mila euro all'anno solo per vestirsi. Nella residenza presidenziale di Olivos, alla periferia della capitale, il suo guardaroba occupa già 100mq (come un appartamento di quattro stanze) e, al ritmo attuale, avrà bisogno di almeno 400mq di giacche, gonne, pantaloni e scarpe prima della fine del mandato, fra tre anni. Nell'ultimo viaggio ufficiale, tra Stati Uniti e Nord Africa, è riuscita a cambiare abito cinque volte al giorno presentandosi a tutti gli appuntamenti un po' in ritardo ma impeccabile.
Dalle accuse Cristina si difende attaccando: "Sono tutti misogini", dice e poi, senza modestia, aggiunge che la maggior parte delle cose che indossa sono di produzione nazionale argentina. Creazioni di stilisti locali che lei pubblicizza nel mondo. Ma l'assedio continua. Già famosa per essere la donna che non mette mai due volte lo stesso vestito, ora le rimproverano anche i gioielli. "Ogni sera che esce si porta addosso almeno 50mila dollari tra orecchini, anelli, collane e altri accessori" scelti sempre con molta cura da Bulgari, Hermes e Vuitton, scriveva qualche settimana fa Noticias. Non solo: "le piacciono il cuoio, la seta, tessuti brillanti e costosi".
Siccome è peronista le hanno trovato anche una fonte d'ispirazione nel Pantheon nazionale. Ovviamente Evita, la seconda moglie di Peron e First lady argentina negli anni '50. Più che First lady una Pasionaria in verità, tanto conosciuta per il suo guardaroba d'alta classe come per sue battaglie populiste per l'Argentina povera e affamata. Esattamente come Cristina. Si narra che Evita ricevesse da Parigi per via aerea tutte le settimane il catalogo di Christian Dior per scegliere e ricevere comodamente giacche e cappellini d'autore.
Il britannico Guardian ha inserito l'inquilina della Casa Rosada in una speciale classifica fashion (Kings of bling) sui leader mondiali e l'ostentazione della ricchezza. Cristina è arrivata quarta. Dietro a Sarkozy, Gorbaciov e al presidente russo Medvedev. Ma non è finita perché qualche esperto in protocollo l'accusa anche di essere un tantino cafona. S'è presentata con gli occhiali da sole ad un summit; le piacciono le borse grandi, anzi enormi; ed ha costretto, al G-20 di metà novembre, tutti i capi di Stato presenti a ripetere la foto di rito dov'era arrivata tardi per il trucco. Battaglia politica vera poca, anzi niente.
Chi la difende, dentro e fuori il movimento peronista argentino, sostiene che questo tentativo di banalizzare il personaggio nasconde gli interessi dei grandi gruppi economici e il fastidio di una parte della classe media per il modello di sviluppo più solidale che Cristina comunque rappresenta. Il lungo braccio di ferro con le aziende agricole sull'aumento delle tasse per la soia esportata (che la Kirchner voleva reinvestire in opere sociali), e la nazionalizzazione del sistema pensionistico regalato ai privati da Menem negli anni Novanta, hanno sbucciato interessi e privilegi di ceti sociali e gruppi economici anche stranieri (spagnoli) che ora si vendicano.
L'indice di popolarità della presidenta è sceso - dicono i sondaggi - intorno al 25%, più o meno quello che è lo "zoccolo duro", ultra-popolare, del peronismo. Infatti qualche altro punto debole oltre al lusso esagerato Cristina ce l'ha. Le campagne stampa contro di lei puntano sul dualismo nel potere (sostengono che in realtà comanda ancora il marito) e segnalano episodi di corruzione ancora tutti da chiarire. La crisi economica fa il resto e si può facilmente prevedere che il 2009 per lei non sarà un anno in discesa.
La "presidenta" Kirchner è in caduta nei sondaggi per le scelte in politica economica
ma i media si accaniscono sulla sua passione per il lusso: cinque abiti al giorno
Cristina 100 metri quadri di tailleur
la mania che indigna l'Argentina
di OMERO CIAI
NON le perdonano lo shopping, né l'ostentazione. Da quando è precipitata sotto il 30%nei sondaggi, lei che vinse le elezioni presidenziali con il doppio dei voti del marito Nestor, i giornali argentini l'assediano dilettando l'opinione pubblica sui tailleur, i gioielli e gli immancabili tacchi a spillo. Ogni volta che lascia Buenos Aires per un viaggio all'estero - scrivono - le serve un Airbus intero per portarsi dietro tutti i cambi d'abito e riportare a casa tutto quello che compra nei negozi di gran lusso delle capitali europee o americane.
I bene informati hanno fatto anche i calcoli. Cristina Fernandez de Kirchner, da un anno presidente d'Argentina e, prima, per quattro anni first lady, spende fra i 250mila e i 400mila euro all'anno solo per vestirsi. Nella residenza presidenziale di Olivos, alla periferia della capitale, il suo guardaroba occupa già 100mq (come un appartamento di quattro stanze) e, al ritmo attuale, avrà bisogno di almeno 400mq di giacche, gonne, pantaloni e scarpe prima della fine del mandato, fra tre anni. Nell'ultimo viaggio ufficiale, tra Stati Uniti e Nord Africa, è riuscita a cambiare abito cinque volte al giorno presentandosi a tutti gli appuntamenti un po' in ritardo ma impeccabile.
Dalle accuse Cristina si difende attaccando: "Sono tutti misogini", dice e poi, senza modestia, aggiunge che la maggior parte delle cose che indossa sono di produzione nazionale argentina. Creazioni di stilisti locali che lei pubblicizza nel mondo. Ma l'assedio continua. Già famosa per essere la donna che non mette mai due volte lo stesso vestito, ora le rimproverano anche i gioielli. "Ogni sera che esce si porta addosso almeno 50mila dollari tra orecchini, anelli, collane e altri accessori" scelti sempre con molta cura da Bulgari, Hermes e Vuitton, scriveva qualche settimana fa Noticias. Non solo: "le piacciono il cuoio, la seta, tessuti brillanti e costosi".
Siccome è peronista le hanno trovato anche una fonte d'ispirazione nel Pantheon nazionale. Ovviamente Evita, la seconda moglie di Peron e First lady argentina negli anni '50. Più che First lady una Pasionaria in verità, tanto conosciuta per il suo guardaroba d'alta classe come per sue battaglie populiste per l'Argentina povera e affamata. Esattamente come Cristina. Si narra che Evita ricevesse da Parigi per via aerea tutte le settimane il catalogo di Christian Dior per scegliere e ricevere comodamente giacche e cappellini d'autore.
Il britannico Guardian ha inserito l'inquilina della Casa Rosada in una speciale classifica fashion (Kings of bling) sui leader mondiali e l'ostentazione della ricchezza. Cristina è arrivata quarta. Dietro a Sarkozy, Gorbaciov e al presidente russo Medvedev. Ma non è finita perché qualche esperto in protocollo l'accusa anche di essere un tantino cafona. S'è presentata con gli occhiali da sole ad un summit; le piacciono le borse grandi, anzi enormi; ed ha costretto, al G-20 di metà novembre, tutti i capi di Stato presenti a ripetere la foto di rito dov'era arrivata tardi per il trucco. Battaglia politica vera poca, anzi niente.
Chi la difende, dentro e fuori il movimento peronista argentino, sostiene che questo tentativo di banalizzare il personaggio nasconde gli interessi dei grandi gruppi economici e il fastidio di una parte della classe media per il modello di sviluppo più solidale che Cristina comunque rappresenta. Il lungo braccio di ferro con le aziende agricole sull'aumento delle tasse per la soia esportata (che la Kirchner voleva reinvestire in opere sociali), e la nazionalizzazione del sistema pensionistico regalato ai privati da Menem negli anni Novanta, hanno sbucciato interessi e privilegi di ceti sociali e gruppi economici anche stranieri (spagnoli) che ora si vendicano.
L'indice di popolarità della presidenta è sceso - dicono i sondaggi - intorno al 25%, più o meno quello che è lo "zoccolo duro", ultra-popolare, del peronismo. Infatti qualche altro punto debole oltre al lusso esagerato Cristina ce l'ha. Le campagne stampa contro di lei puntano sul dualismo nel potere (sostengono che in realtà comanda ancora il marito) e segnalano episodi di corruzione ancora tutti da chiarire. La crisi economica fa il resto e si può facilmente prevedere che il 2009 per lei non sarà un anno in discesa.
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